Per due volte la nostra Parrocchia ha avuto il privilegio di poter assistere alla Messa del S. Padre nella cappella di S. Marta. Dopo la Messa il Papa si è trattenuto con i partecipanti. Ecco i ricordi di quei due episodi:

7 marzo 2014

Cari amici della parrocchia di Gesù Bambino,
sarà una Pasqua diversa questa di quest’anno? Di certo un anno è passato da quella che possiamo considerare la più grande novità della vita della Chiesa degli ultimi tempi: l’elezione di Francesco papa:<< Ti ispira fiducia solo a guardarlo!>>. A me personalmente fa lo stesso effetto che provavo con il mio padre spirituale in seminario (che poi, guarda caso, è quello che ha predicato gli esercizi spirituali al papa e cardinali in questa quaresima). Non mi era mai successo, almeno viventi, che mi venisse in mente un papa nel dover prendere una decisione, nell’affrontare una tentazione, nell’organizzare un’attività pastorale, nel preparare una predica. Ebbene, con papa Francesco sì, e la cosa mi stupisce non poco, perché vuol dire, che nonostante egli rivesta un ruolo che non ti permette di vivergli accanto giornalmente, con le sue parole, i suoi gesti, la sua stessa espressione, ti arriva dentro e ti fa venire voglia di essere migliore, di amare di più, di affrontare con più forza una difficoltà, di annunciare il vangelo con più gioia, con la convinzione di svolgere un compito bellissimo. Grazie Francesco! Si direbbe di te che sei “uno di noi!!”.
     Venerdì sette marzo il papa ha accolto la richiesta, avanzata come parrocchia, di poter partecipare alla messa in santa Marta, alle 7:00 del mattino. Purtroppo solo con un gruppetto di venticinque persone, preti compresi. Elaborare i criteri per la scelta dei partecipanti non è stato facile. L’unica cosa che mi veniva richiesta nella lettera di accettazione, era che i partecipanti fossero scelti con il criterio della rappresentatività. Ho subito pensato ai servitori della comunità, poiché la fede non si testimonia a chiacchiere, ma con il servizio, e di questo sono ben convinto. Ma i posti erano veramente pochi per portare tutti coloro che avrei voluto e molti di questi sono rimasti a casa. È così che, davanti al santissimo Sacramento, in preghiera, ho visto bene con gli occhi del Signore. Ho visto quello che fa vedere un di più di valore, che trasforma la partecipazione alla messa in santa Marta, non in un premio per i servizi resi (che già, ripeto, sono un qualcosa di grandioso e prezioso e di cui sono grato e stra-grato), ma un punto di partenza per il vero traguardo della testimonianza cristiana, secondo cui il rappresentante del vangelo e della comunità cristiana è colui che rappresenta un punto di riferimento per i credenti e non credenti di una comunità. Chi è questi? Non tanto chi lavora e lavora sodo, ma chi vive in un tessuto di relazioni; chi è riuscito, per amore di Cristo, a entrare nel cuore dei parrocchiani e degli abitanti del quartiere quale figura significativa e di fiducia. Come vedete, qui non c’è nessun premio da assegnare, ma una meta da perseguire per tutti noi, perché una tale statura, per raggiungerla, richiede tanto amore per gli uomini, tanta pazienza, tanta preghiera e soprattutto un lavoro continuo di modellamento sui caratteri delle persone e di donazione, che equivale a tante piccole e meno piccole morti………quello che di noi non serve viene tagliato e gettato nel fuoco, ma anche i tralci buoni vengono però potati perché portino più frutto. Cari amici, vivere in un tessuto di relazioni, al modo di Gesù, richiede fede, passione per l’uomo, un desiderio di donarsi agli altri, ma solo così si è apostoli e rappresentanti della comunità in Cristo Gesù, autorevoli alla maniera del Vangelo. Il vero servizio non è un lavoro materiale punto e basta, ma un lavoro materiale donato agli altri con la prerogativa di essere un canale di grazia per tutti. Papa Francesco ce lo ricorda sempre, chi vive isolato, chi prega soltanto individualmente, chi si sente parte di un gruppetto elitario e disprezza gli altri, chi nasconde desideri di potere e riconoscimenti, chi usa gli spazi del servizio religioso per dare gloria a se stesso, è una mummia vivente, che invece di diffondere lo spirito luminoso e salante del vangelo, diffonde lo spirito della tomba. L’apostolo, il vero credente innamorato di Gesù e del Vangelo è colui che si lascia provocare di continuo a vincere le proprie egoistiche debolezze e vivere quel dinamismo secondo cui è grande colui che serve, colui che esce da se stesso per andare verso gli altri, colui che crede che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Facciamoci una domanda per sapere se Dio Padre si compiace di noi: qual è la qualità delle mie relazioni all’interno di questa comunità? Quante persone si avvicinano a me senza timore, perché mi considerano una figura rappresentativa e di fiducia in parrocchia? Mi sento dentro un tessuto di relazioni tali da essere il frutto di una vera e propria missione e al contempo terreno per il mio esercizio spirituale giornaliero di donazione agli altri? Buona Pasqua e buon lavoro a tutti. Don Gianfranco, prete.

Un pullman davanti al cancello della Chiesa… Ma non è una gita parrocchiale! 

Il 7 marzo alcuni parrocchiani hanno avuto il singolare privilegio di partecipare alla Messa celebrata dal Papa a Santa Marta

Partenza ore 6,00 e l’unica che è arrivata alle 6,01 ha rischiato di essere lasciata a terra. Perché la puntualità è richiesta per tutte le uscite parrocchiali…. Ma stavolta era obbligatoria. Stamattina in venticinque case la sveglia ha suonato alle 5 in punto. Si va dal Papa!
Scelti o sorteggiati… consapevoli di avere un grandissimo privilegio da vivere non da soli, ma portando con noi il desiderio di tanti che rimangono a casa, non meno meritevoli. Ma quali meriti? Il merito di aver parlato di Dio davanti a dei bambini o degli adulti o il merito di aver portato un pasto caldo a dei poveri  o quello di aver animato una liturgia? Qui non si tratta di meriti, perché siamo tutti coscienti che siamo quello che siamo e pregi e difetti li abbiamo noi come tutti gli altri.
Comunque,  siamo in venticinque con Parroco e Viceparroco e andiamo dal Papa. Il pulman ci lascia e percorriamo a piedi i pochi metri che ci separano dall’ingresso alla Casa Santa Marta. L’organizzazione è perfetta: controlli, guardaroba, gentilezza silenziosa… La cappellina è piccola: ci sono più sedie di quelle che occorrono. Ci avvisano che non si può fotografare e che dopo l’omelia dovremo rimanere seduti fino alla Consacrazione. Siamo tutti emozionati: entra il Papa. Ora l’emozione lascia il posto a tensioni diverse, perché il Papa è lì, con i  paramenti viola della quaresima… solo lo zucchetto bianco ci dice che non è il vecchio parroco di campagna che sembra: un prete abituato a pregare piano, a celebrare la Messa sottovoce, meditando ogni parola, senza alzare mai lo sguardo, se non verso l’Ostia consacrata,  che predica come in sordina, lentamente, ascoltando più che parlando. E l’omelia è sull’ipocrisia dei nostri digiuni, sulla nostra quaresima che infiocchettiamo di “fioretti” e presunte rinunce mentre il nostro cuore non è capace di aprirsi al digiuno vero, quello che apre il cuore alla carità, perché, come dice Isaia nel brano che abbiamo oggi  ascoltato, il digiuno “non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne?”. Carità dunque verso quelli che abitano fuori dalla nostra casa, ma anche carità dentro le nostre case, come ha sottolineato il Papa, ben sapendo che è molto più difficile essere prossimo per chi ci è vicino. Perchè la vita di fede è strettamente connessa a una vita di carità verso i poveri.
Su quell’altare ci sono le preghiere di tutti, di noi presenti e di quelli che sono rimasti a casa: per essere migliori, per la pace nelle nostre famiglie, per la salute, per il lavoro, per i figli, per i nipotini, per i vecchi, per i malati….
E quando la Messa è finita, il Papa si è seduto insieme a noi, in una delle sedie della Cappella, per ringraziare Dio della Messa…. Come si faceva una volta, come ci insegnavano i vecchi preti, che dopo la Messa c’è il ringraziamento.
Poi il saluto. Una grande commozione. Prima i nostri sacerdoti. E Don Gianfranco ci ha presentati come “l’unica parrocchia di Roma che sta sotto terra”. E il Papa gli ha chiesto “Siete tutti morti?”  “ No – ha aggiunto il Dongia – siamo tutti risorti, ma le altre parrocchie ci considerano “sfigati”!
 … Lui dice che questa espressione l’ha usata perché l’invito poi rivolto al Papa di venire a trovarci in visita pastorale fosse più incisivo, perché il Papa si sarebbe ricordato di noi…. Vabbè…. Chissà se il termine “sfigati” lo conosceva o se lo sarà fatto tradurre da qualche monsignore, ma l’incisività c’è stata! Poi ci ha presentati ad uno ad uno, con i nostri “meriti”…. E noi ci siamo tutti scordati, nell’emozione di prendergli la mano, di baciare l’anello e  nel cercare il suo sguardo, di dire al Papa che abbiamo un Parroco che qualche merito ce l’ha. Ma forse il Papa questo lo sapeva, perché alla fine lo ha ringraziato di tutto quello che fa e questo dev’essere tanto per uno come lui, abituato a bacchettare continuamente i preti.

8 ottobre 2018

L’8 ottobre 2018 un gruppetto di parrocchiani ha potuto assistere alla Messa celebrata dal Papa a Santa Marta

L’otto ottobre alle 5:45 del mattino di fronte alla Parrocchia Gesù Bambino è raccolta una piccola folla che aspetta di salire su un pullman. Ci si saluta con il viso sorridente e in parte ancora incredulo, il turbamento di essere lì è grande.  Siamo in tutto 25, solo una rappresentanza dell’intera Comunità che ogni giorno affolla, indaffarata e gioiosa, la nostra Chiesa. Nel mese di agosto è arrivato ad ognuno di noi 25 un semplice messaggio del Don e da lì tutti abbiamo cominciato un percorso personale di preparazione… già, perché nel messaggio il Don ci ha comunicato che saremmo andati l’8 ottobre a Santa Marta a partecipare alla Messa celebrata da Papa Francesco.
Ci sono molti ragazzi e non solo, persone che in modo diverso frequentano la Parrocchia. Alcuni rappresentanti dell’oratorio, degli scout, del gruppo giovanile degli universitari, delle giovani coppie, delle catechiste, chi è attivo nel Centro di Ascolto Caritas, chi opera in Sacrestia e chi in Parrocchia è una figura di riferimento, sempre attenta e presente.
Arriva il Don, sorride, fa l’appello, saliamo sul pullman e si parte. C’è un’atmosfera particolare che oscilla tra il desiderio di condividere l’emozione o l’agitazione che comunque ci coglie, e il bisogno di stare un po’ in silenzio per raccogliere i pensieri e godere appieno di tutto quello che stiamo per vivere.   
Ecco alcune altre brevi testimonianze…  
Oggi, 8 ottobre, è finita finalmente l’attesa iniziata un lontano giorno di agosto quando mi giunse un sms di Don Gianfranco con la notizia che ci avrebbe accompagnato dal Santo Padre!
Sì, l’attesa è finita, ma ancora un turbinio di pensieri affolla la mia mente. Penso: “Cosa dirò… cosa mi dirà Lui… potrò baciargli la mano…” Intanto, con Don Gianfranco in testa e con il gruppo dei ragazzi giungiamo in via della conciliazione.  E’ ancora un  po’ buio, ma il nostro sguardo cattura un’immagine indimenticabile e suggestiva.. in fondo alla lunga via  si staglia  la superba  basilica di San  Pietro ancora illuminata in tutta la sua bellezza. Devo dire che già questa vista mi emoziona e mi riempie di gioia.
Il nostro cammino continua e dopo diversi controlli arriviamo alla chiesetta di S. Marta, una chiesetta semplice, tutta bianca: pochi banchi, alcune sedie di fronte all’altare sul quale si scorge un piccolo bouquet, dietro, lungo le pareti, alcune piante verdi; in fondo come in una nicchia, un Crocefisso e, ai lati dell’altare su una parete in basso un rilievo della Madonna con il Bambino e, dall’altra parte, una grande Ostia dorata che racchiude il Tabernacolo. Un sacerdote ci fa sedere. Siamo in tanti, l’ansia, l’attesa di vedere il S. Padre è quasi palpabile. Tutto intorno regna un silenzio religioso. A un tratto ci troviamo tutti in piedi ed eccolo! Lo guardiamo con grande riverenza. Lentamente si avvicina all’altare e inizia la celebrazione. Quando  si siede   toglie la  papalina   e   ci appare la sua testa canuta.
E’ sempre in atteggiamento mistico, sembra sempre in preghiera. Questa immagine mi rimane sempre impressa nel cuore e nella mente. A volte sembra fragile, ma quando si alza e si rivolge al mondo, trasmette forza, speranza, amore e fiducia a tal punto che dopo averlo ascoltato ci si sente sereni, appagati e più disponibili verso gli altri.
Così oggi, dopo la sua omelia rimango in silenzio a guardarlo mentre sta seduto  con il capo chino aspettando quasi di sentirmi invadere dalla sua forza e nello stesso tempo vorrei che i miei pensieri giungessero a lui: in questo momento invoco lo Spirito Santo perché lo guidi sempre e lo aiuti a combattere il male del mondo. Forse, mi dico, potrò esprimergli il mio pensiero quando lo saluterò.
Nel frattempo la Messa è finita e lentamente ci disponiamo in fila verso l’uscita dove ci aspetta il S. Padre, ma quando gli sono davanti, l’emozione soffoca le  mie parole, lo guardo negli occhi, gli stringo e bacio la mano e mi allontano felice di avere incontrato il suo sguardo che vale più di tante parole.
Aurora

Agosto. Messaggino del Don sul cellulare: “l’8 ottobre ti porto dal Papa”. E poi: “appuntamento alle sei meno dieci davanti la Parrocchia”. Il mio primo pensiero è “alle sei meno dieci? e come farò a svegliarmi?”. Poi piano piano arrivo alla sostanza del messaggio. Vedrò Papa Francesco in carne e ossa! L’emozione si fa strada sempre più intensa via via che si avvicina la data, finora ho sempre pensato al Papa come a un’entità astratta. Lo vedo in televisione in giro per il mondo, approfondisco le sue Esortazioni Apostoliche con il gruppo in Parrocchia, ma mai avrei pensato di poterlo vedere da vicino.

Il giorno fatidico quando arriviamo a Santa Marta l’emozione lascia il posto ad un senso di pace. Papa Francesco emana un senso di serenità e di pace che mi conquista. Avrei l’impulso di andarlo ad abbracciare e ringraziare, eppure quando, dopo la celebrazione eucaristica, ho avuto la possibilità di stringergli la mano non sono riuscito a spiccicare parola, con un sorriso (forse un po’ ebete) sulla faccia, ma con uno stato di grazia interiore che porterò sempre con me come ricordo di questo incontro speciale.

Giovanni

Beh, un ricordo  mi si è parato subito davanti quella mattina… Ero bambino e, accompagnato da mio padre a piazza S. Pietro, ho assistito alla benedizione “Urbi et Orbi” di Pio XII. Era il 1955 e mio padre si chinava su me bimbetto per dirmi “Guarda, è il Papa!”… nei miei occhi c’era un puntino bianco indefinito, ma quanta eccitazione! Ora sono qui, in fila, dopo la Messa, carica di emozioni, sfiliamo uno a uno davanti al Papa. Don Gianfranco ci presenta, sorridendo a un Papa sorridente, enumera i servizi che svolgiamo in parrocchia, fa di noi un breve ritratto… E’ il mio turno, Don Gianfranco parla… non sento e non capisco niente! Tengo la mano del Papa, calda, morbida, liscia, una mano un po’ vecchia, penso, ma da essa emana una grande energia… un calore che neanche le mie mani, che sono sempre calde, hanno mai avuto! Don Gianfranco continua a parlare, non so che dice, sento solo che mi è difficile lasciare quella mano e staccare i miei occhi dagli occhi del Papa… avevo preparato qualcosa da dire… boh! Solo un sorriso grande e tanta emozione!

Bruno

Un’esperienza indimenticabile che rimarrà nel mio cuore. Una spinta ad “andare oltre” e a continuare a crescere ed educare i ragazzi nello sport.

Giuliano

Un’esperienza nuova ed unica, di cui mi ricorderò sicuramente, molto bello, molto emozionante, in fondo non capita a tutti di stringere la mano al Papa. Dei momenti che rimarranno nel mio cuore per sempre.

Mirko

Un’esperienza bella ed unica. Ho provato pace tranquillità e serenità.

Gabriele

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