5 marzo 2023 – Appunti del ritiro di quaresima

Siamo al centro del cammino di rinnovamento voluto fortemente da Papa Francesco. In questi anni, nonostante le forti voci di critica, in maniera davvero infaticabile ha messo in moto moltissime iniziative volte proprio a un percorso di trasformazione della Chiesa.

Già all’inizio del pontificato nell’Evangelii Gaudium, che è un po’ la prima comunicazione del suo programma pastorale, mette in risalto che lo spazio deve essere dato non alla legge, ma all’accoglienza dei vicini e soprattutto dei lontani. La sete di potere porta gli uomini a credere Dio come verità dogmatica, conoscenza che domina la vita di fede: chi non crede in Dio in questo modo è eretico e associata a un giudizio di errore teorico c’è anche un giudizio morale. L’eretico pensa in modo sbagliato e fa il male. Il Papa parla di neognosticismo: chi detiene la verità guarda agli altri come “allievi”. Accanto a questa nuova eresia, il papa cita il neopelagianesimo, quando la fede è intesa come pura obbedienza ai comandamenti: io obbedisco a Dio e quindi mi merito la salvezza, come se a nulla fosse servita la morte di Gesù.

Mille parole, e iniziative, frasi in cui si condensa un pensiero, la definizione delle “malattie spirituali”, la condanna dell’autoreferenzialismo delle strutture, il concetto di tempo superiore allo spazio, il processo di rivisitazione dell’amore coniugale (Amoris laetitia), il cammino sinodale, la struttura gerarchica intesa come servizio e non come potere e soprattutto la certezza che lo Spirito soffia non solo su preti e vescovi, ma su tutto il popolo di Dio e che tutto il popolo di Dio è corresponsabile dell’evangelizzazione. Viviamo poi da vicino il nuovo assetto dato alle strutture della Diocesi di Roma.

Al centro di tutto questo si colloca una parola chiave su cui si posa l’attenzione di tutta la Chiesa: l’ascolto.

E per meditare sull’ascolto ci sono stati indicati due brani del Vangelo: quello sui discepoli di Emmaus e quello su Marta e Maria, a significare come l’ascolto attento e personale produce intimità e ospitalità.

Emmaus: i discepoli, dopo aver camminato con Gesù, dopo aver ascoltato i riferimenti alle Scritture, dopo essere stati a tavola con lui, percepiscono il “calore” sopravvenuto nel loro cuore. Le parole “Resta con noi.. che si fa sera..” sono parole tra le più pregate e cantate. Quando ascoltiamo davvero qualcuno si crea un’ospitalità che non è solo spirituale. Chi viene ascoltato si sente accolto nel cuore dell’altro e questa ospitalità diventa concreta, anche esteriore, diventa accoglienza a casa nostra, alla nostra tavola. Chi è ospitato percepisce un elemento gioioso, che però è anche delicato, vulnerabile… perché se chi è ospitato non accetta con gioia, ma anche con molta umiltà questa apertura dell’altro, può diventare un ospite indesiderato.

Emmaus ci presenta il “camminare insieme” verso la stessa meta, verso una “casa” e questa è il luogo della prima Eucarestia, dopo l’ultima cena nel Cenacolo: Gesù viene riconosciuto nello spezzare il pane, che ci fa riflettere anche sulla centralità nella vita cristiana della Messa domenicale, che non può essere percepita come precetto, ma davvero come festa dello stare insieme, festa dell’incontro, momento di ricarica (ricordiamo le parole di Papa Francesco che critica chi considera la vita della Chiesa una quaresima senza Pasqua).

L’episodio di Emmaus doveva essere il tema del ritiro di avvento, che ha trattato poi invece un altro argomento. Questo ritiro di quaresima doveva incentrarsi solo sull’episodio evangelico di Marta e Maria (Lc 10, 38-42).

Marta e Maria sono sorelle, non sposate, vivono insieme, sono una famiglia. Lazzaro è il loro fratello. Sono amici di Gesù. Gesù non è stato invitato e va da loro, segno che ha con loro un rapporto che gli consente di fermarsi da loro senza prima avvisare del suo prossimo arrivo. In questo episodio vengono presentate le due anime, i due volti della vita della Chiesa, da una parte la preghiera e l’ascolto e dall’altra il servizio, la carità, l’insegnamento. E’ stato detto mille volte che Gesù stigmatizza la prevalenza della prima sulla seconda, una priorità qualitativa, perché mette in evidenza come il servizio, peraltro ovviamente necessario, senza l’elemento della preghiera non ha un’anima veramente cristiana.

Come credenti che svolgono opere di servizio, questo brano ci spinge a una riflessione personale… comunque anche qui viene presentato Gesù in cammino, come ad Emmaus, accompagnato da discepoli e donne. Qui la meta è Gerusalemme. Sono immagini della Chiesa che cammina verso una meta con la presenza di Gesù. E i messaggi e i discorsi che in questo periodo ci arrivano fanno riferimento a questo cammino di Gesù con i discepoli verso una meta presente sia in Emmaus che in Marta e Maria,  per riflettere sul processo ecclesiale che stiamo vivendo, di cui, però,  non è ancora chiara la meta.

Perché, chi ha vissuto le varie fasi della vita della chiesa, si ricorda bene le riunioni di prefettura o in diocesi, con ordini del giorno molto precisi, con progetti pastorali definiti… Ora questi raduni tematici sono saltati… parliamo di ascolto… non dobbiamo fare, ma ascoltare, raccontare, condividere. Sembra che ci si muova in un terreno meno organizzato, meno chiaro, che parla di essere e non più di fare… Questo perché il centro è posto sullo Spirito che ci conduce a una meta che non conosciamo bene. Ricordiamo il cartellone appeso sulla navata della Chiesa per molto tempo “Ascolta il grido della città, con umiltà, disinteresse, umiltà di spirito, scoprirai il gemito dello Spirito Santo”: dobbiamo tuffarci dove la gente vive perché dietro ogni grido c’è un desiderio di vita, provocato dallo Spirito. Riflettiamo su Gesù che va verso Gerusalemme, è la “città”, viva, piena di mille realtà, buone e cattive, contraddizioni e certezze, piena comunque di dolore, rabbia, disperazione, anche gioia, tutte realtà da condividere. E prima di tutto ascoltare se stessi… facciamo nostro l’esame di coscienza insegnatoci dal cardinal vicario… ogni sera, ogni giorno domandiamoci “Dove mi sta conducendo il Signore con il Suo Amore”.

Per capire come la vita della chiesa è segnata da una dimensione familiare che fa riferimento alla “casa”, facciamo una carrellata delle case che i Vangeli ci indicano come luoghi di vita o di sosta per Gesù:

  • La prima è la casa della visitazione, Gesù nel grembo di sua madre, ci riporta allo spirito di servizio;
  • la casa di Nazareth dove cresce Gesù, amore, tenerezza, lavoro, armonia;
  • la casa di Pietro con l’episodio familiare della malattia della suocera… non c’è tema più vero per indicare la vita di una famiglia, il rapporto tra suocera e nuora;
  • la casa del paralitico col tema della malattia e della remissione dei peccati;
  • la casa di Levi con Gesù che non disdegna di mangiare con persone di dubbia moralità;
  • la casa di Simone, il fariseo, con la donna che gli bagna i piedi con le lacrime: peccato, pregiudizio, misericordia
  • la casa di Zaccheo con la conversione dal peccato
  • la casa di Giairo con il tema della morte
  • il Cenacolo, ultima cena, ma anche prima apparizione dopo la Resurrezione e Pentecoste.

La chiesa si muove in questa dimensione familiare. Per questo il suo insegnamento non può essere solo teorico, cattedratico, strettamente legato all’obbedienza ai precetti, ma legato invece alla vita reale di tutti i giorni.

La dimensione domestica riflette vizi e virtù, bene e male, camminiamo nella chiesa come camminiamo nella nostra famiglia. In questo la pandemia ci ha indicato nuove strade: abbiamo reimparato a dedicare tempo a cucinare, a giocare con i figli e anche a pregare, abbiamo provato a fare da catechisti ai bambini. E poi abbiamo sentito il forte bisogno di riaprire la nostra casa agli altri, l’ospitalità, il bisogno di aprire il nostro spazio domestico a qualcuno.

A gennaio 2022 preparando la festa del 2 febbraio, la candelora, festa della vita consacrata si è meditato su Lc 10, 1-9: Gesù che manda i discepoli senza bisaccia e senza sandali di ricambio…. mangiando quello che verrà loro offerto… e su Ap 3,20 “Ecco sto alla porta e busso”, gli evangelizzatori devono imparare a fare “casa” con chiunque, vecchi e giovani, ricchi e poveri, malati e sani e anche con le istituzioni, ambienti rischiosi perché il mondo della politica quasi sempre persegue solo fini privati.

Fare casa con le persone è condividere la gioia del Vangelo, unica realtà capace di muovere i cuori per attrazione. La chiesa non vive per difendere se stessa, ma è in cerca di tutti quelli che hanno sete di Dio, lasciando da parte l’ansia che uccide…. tornando a Marta che dice a Gesù “mi ha lascato sola a servire…”che ricorda la malattia spirituale dell’individualismo, fare le cose da soli perché come le facciamo noi non le fa nessuno….. Senza l’anima dell’ascolto, l’accoglienza non è alla persona, ma ai suoi bisogni. Ricordandoci che ascoltare richiede tanto tempo, perché l’ascolto deve essere personale e ripetuto. Per questo dobbiamo imparare tutti ad essere ascoltatori, non possiamo delegare solo ai preti.

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