Terra Santa 2019

SANTA TERRA, SANTE PIETRE, UOMINI DAL CUORE DI PIETRA

“Credevamo fosse amore, invece era un calesse.” Cosi titolava un film di diversi anni or sono. Credevamo vedere Gesù, toccarlo con un dito, invece solo pietre.

Il viaggio in Terra Santa è un viaggio complesso. Di certo non è una scampagnata o un viaggio culturale, né tantomeno una vacanza. È un pellegrinaggio sì, ma tra i pellegrinaggi è il più atipico, perché qui non è apparsa la Madonna svelando segreti, non si venerano acque miracolose, non si supplica davanti a icone dai poteri taumaturgici, ma si venerano pietre. Tante, tante pietre. Sono le pietre che assistono silenziose al vocìo dei pellegrini delle tre grandi religione monoteiste. Sono le pietre che vengono ovunque toccate, venerate, ammirate, spiegate, calpestate o custodite da divieti e cancelli. Sono le pietre che dividono e uniscono; allontanano e separano, richiamano e convocano uomini da ogni parte della terra. Su quelle pietre si litiga, si sogna, si piange, si prega. Ancora le pietre, che fanno ricordare, sperare. In Terra santa prendono il posto anche dei fiori, poiché gli ebrei, proprio perché i fiori appassiscono, ma le pietre restano, sulle loro tombe, di pietra, mettono pietre, a dire un ricordo che non svanisce nel tempo. Pietre, lucide per le milioni di carezze, ruvide e taglienti per l’incuria del tempo, le leggi protezionistiche, i vincoli e le consuetudini. Pietre vecchie e silenziose, eppure piene di storia e di vita. Le uniche che hanno visto, le uniche che sanno la verità. Una pietra, quella del sepolcro. Una pietra, quella del calvario. Una pietra, quella del pozzo della prigione di Cristo. Una pietra, quella del Getsemani. Una pietra, quella dell’Ascensione. Una pietra quella del monte Moira, sulla spianata del Tempio, luogo del sacrificio di Isacco, luogo della salita al cielo di Maometto. Una pietra, quella del muro del pianto. Pietra alla grotta di Betlemme. Pietra a Nazareth.

Se in Terra santa non ci fossero le pietre, non ci sarebbe niente. Sono loro a testimoniare che lì Dio è passato. Se non ci fossero loro a unire, in quella Terra benedetta non ci sarebbe altro che rumore, caos, confusione, divisione, maledizione, fame, povertà, oppressione, morte, contraddizione, contrasto, guerra.

Papa Francesco ricorda, in una sua omelia del Triduo pasquale, che quando le tenebre hanno preso il sopravvento, quando persino gli amici più stretti di Gesù hanno rinnegato e sono fuggiti, quando gli uomini malvagi hanno gridato vittoria, in quell’immenso momento di caos, di immenso silenzio e morte dell’amore, di smarrimento totale, le prime a gridare vittoria sono state le pietre. Mentre Gesù spirava, il velo del tempio si squarcia e lancia il suo urlo di dolore per il Santo che moriva. Quando Gesù risorge, nel silenzio mortale dell’amore sconfitto, balza la pietra del sepolcro, in un passo di danza gioioso, che annuncia che quando gli uomini tacciono, è il creato che saluta festante il suo creatore. Quando colui che doveva essere pietra, si nasconde fuggiasco e impaurito, è la pietra che canta il suo canto d’amore. Si dice di sant’Ignazio di Loyola, basco, nato tra le pietre, che venendo a Roma, se avesse visto san Pietro rinascimentale, avrebbe detto:<< Ah! Che pietre!>>.

 Andando in Terra Santa, aspettati, non di toccare Gesù, ma di toccare pietre. Se avrai praticato la sacra Scrittura, allora esse ti parleranno e farai il tuo pellegrinaggio interiore. Se non l’avrai praticata e andrai lì pensando di vedere chissà cosa, porterai a casa la confusione di Babele, perché quando non c’è fede, resta solo il tentativo pindarico di raggiungere il cielo con le proprie forze. Raggiungere il cielo con una torre di pietre. Senza la fede la torre crolla e non restano altro che pietre sparse, inerti e silenziose, in attesa dell’incontro con chi sa intavolare il canto dell’amore. Allora ti sarà dato di capire che le pietre fatte di roccia, hanno lasciato il posto alla tua carne.

Il deserto

Avdat e il suo canyon

Maktesh Ramon

Ai margini di un grande cratere di origine carsica. Uno spettacolo mozzafiato!

Masada

Nel I secolo a.C. la fortezza era il palazzo di Erode il Grande, che lo fece fortificare. Erode ha costruito molte cose: il tempio a Gerusalemme, prima di tutto, ma anche palazzi a Gerico e templi pagani in tutto il territorio. La cittadina di Masada era arroccata su tre diversi livelli verso lo strapiombo sul lato nord della rupe, dotato di terme con caldaia centrale, magazzini sotterranei e ampie cisterne per la raccolta dell’acqua;  era stata conquistata da un migliaio di Sicarii che vi si insediarono con donne e bambini;  nel 70,  caduta Gerusalemme, vi trovarono rifugio gli ultimi strenui ribelli non ancora disposti a darsi per vinti. Dopo un lungo assedio, nell’anno 74, guidati da Lucio Flavio Silva i Romani riuscirono alla fine a costruire una imponente rampa di accesso, ancora oggi visibile che, colmando quasi del tutto il dislivello tra il campo romano e la fortezza, consentì  di arrivare sotto le mura per sgretolarle con gli arieti. Tuttavia, prima che i soldati romani entrassero nella città, gli assediati misero in atto un’azione rimasta unica nella storia: i soldati romani entrarono nella città senza trovare resistenza, ma una volta lì si presentò loro innanzi una orrenda ecatombe, il suicidio collettivo della comunità ebraica dei Sicarii che aveva resistito al potere di Roma anche dopo la caduta di Gerusalemme e la distruzione del Secondo Tempio.

Ne abbiamo fatti di pellegrinaggi! Quelli veri e propri… Lourdes, Fatima, Compostela, Loreto e quelli un po’ travestiti da viaggi di piacere, in Francia, in Polonia, in Sicilia. Ma questo sappiamo che è “Il pellegrinaggio”, quello capace di stravolgere una vita, di  farci entrare in noi stessi a ritrovare il motivo profondo della nostra fede, senza il contorno delle consolazioni, delle sollecitazioni capaci di smuovere le corde di un romanticismo spirituale  che a volte ci allontana, invece di farci avvicinare a Dio.

Otto giorni pressanti, all’insegna di alzatacce, di scarpinate, di emozioni forti, di convivenza con una quarantina di persone, gomito a gomito… e quando la stanchezza è più forte stare gomito a gomito può far dimenticare che il pellegrinaggio è figura della nostra vita e quindi vuol dire pure esperimentare il  viaggiare insieme,  non decidere sulla base dei propri tempi e delle proprie esigenze, così come nella vita di tutti i giorni  siamo in cordata con amici, familiari e persone più o meno simpatiche, più o meno amabili…

Otto giorni immersi nella storia. Viviamo a Roma: non possiamo dire di non respirare tutti i giorni cosa sia una città che ha avuto i suoi natali un millennio prima di Cristo, ma Gerusalemme è sorta tre millenni prima di Cristo e i posti che siamo andati a visitare nel sud della Giudea ci hanno parlato di storia di quattro e fino a settemila anni prima di Cristo. Popolazioni nomadi che si sono succedute in quel paesaggio che non si dev’essere poi così trasformato. La storia ci parlava tra quelle rocce e quelle terre desertiche ed era  storia biblica, quella che ascoltiamo proclamare dall’altare: la storia di Abramo, di Giosuè, di Mosè. Ora, più di prima, quando sentiremo parlare di loro potremo con la mente ritornare agli scenari che abbiamo visto: all’importanza degli altari,  dei pozzi, delle caverne.

Il mar Morto

Bersheva

La città più grande del triangolo del Negev è Be’er Sheva che conta 200.000 abitanti, fondata negli anni sessanta. Poco lontano il sito archeologico che andiamo a visitare.  Siamo circa a 150 chilometri da Gerusalemme. La valle di Beer Sheva è stata popolata da migliaia di anni a causa della presenza di acqua che giunge fino a qui dalle montagne di Hebron nell’inverno, e si accumula in grandi quantità nel sottosuolo. Dai reperti trovati si deduce che la regione venne popolata fin dal IV millennio a.C. La città venne distrutta e ricostruita numerose volte nel corso dei secoli. Nella Bibbia il sito di Beersheva viene citato in due o tre storie nel libro della Genesi. Durante il regno di Davide, gli Israeliti conquistarono Be’er Sheva che divenne la città della tribù di Simeone e successivamente divenne parte della tribù di Giuda. In seguito alla sconfitta degli Israeliti ad opera dei conquistatori Babilonesi, la città rimase deserta per molti anni. Tuttavia fu nuovamente abitata dopo il ritorno degli Ebrei da Babilonia. Gli ultimi abitanti del Tel Be’er-Sheva furono i bizantini, che l’abbandonarono nel VII secolo.

Un grande altare cornuto è stato riportato alla luce nel sito, simile a quello del tempio di Gerusalemme. Venne ricostruito con pietre squadrate, usate anche per la costruzione degli edifici. Questo altare dimostra l’esistenza di un tempio o comunque di un centro culturale che probabilmente venne smantellato durante la riforma di Re Ezechia e che fu modello del tempio di Salomone. Tutto in pietre acciottolate senza ferro, perché la sua presenza avrebbe profanato la pietra. Pietre distrutte e poi recuperate per ricostruire …. La pietra scartata dal costruttore è divenuta testata d’angolo…

L'oasi di Ein Gedi

Gerusalemme

Entrare a Gerusalemme è grande emozione. Gerusalemme, parola né singolare né plurale: è un termine duale, perché esistono due Gerusalemme, una terrena, che andremo a visitare e una Gerusalemme celeste in cui crediamo per fede. Una città che ha un grande significato per tre religioni…. entriamo in serata e la prima sera, come le prossime sere, recitiamo un rosario in cinemascope! Seduti su un anfiteatro, davanti a un panorama eccezionale, siamo  davvero sbigottiti!

S. Pietro in Gallicantu

Questo sito custodisce la memoria del luogo del primo processo a Gesù, quello religioso. E’ qui la casa di Caifa, sommo sacerdote.  E’ stato posto nelle segrete, legato con le corde sotto le ascelle… la devozione a questo posto è antichissimo, infatti il pozzo è pieno di segni, di croci, già ai tempi di Costantino. Secondo gli Atti degli Apostoli, anche Pietro è stato imprigionato qui dopo il miracolo del paralico. Qui Gesù risponde a Caifa che gli chiede “Sei tu Dio?” “Io sono!”  Qui Gesù passerà tutta la notte e all’alba sarà portato da Erode e Pilato.

Il Cenacolo

Entriamo nella sala del Cenacolo con grande emozione. Lo spazio non è utilizzabile dai cristiani, è uno spazio molto legato al mondo ebraico perché al piano di sotto c’è la memoria della tomba di David, come riportato nella Bibbia. Questo è il luogo dove Gesù ha consumato l’ultima cena: siamo in un quartiere che era benestante, forse questa casa apparteneva a qualcuno degli apostoli o a un loro amico. Elena, madre di Costantino, fa costruire qui una piccola chiesa, poi distrutta dai romani e ricostruita dai crociati: osserviamo infatti le volte a crociera tipiche di quell’epoca. Gli arabi la trasformeranno in moschea orientandola verso la Mecca. Quando nel 1948 gli ebrei occuparono Gerusalemme la faranno propria proprio a causa della tomba di David, che però ricerche recenti orienterebbero nella Cittadella. Maria ha abitato qui, qui è stata istituita l’Eucarestia, qui è avvenuta la lavanda dei piedi, qui sono stati pronunciati i discorsi più importanti di Gesù, qui erano nascosti i discepoli dopo la morte di Gesù, qui è apparso loro.

Il quartiere ebraico

Gerusalemme è divisa in quattro  quartieri: arabo, cristiano, armeno ed ebraico. Lasciamo a sinistra la Geena, la valle dove un tempo si bruciavano i rifiuti ed entriamo dalla porta di Sion nel quartiere armeno, costeggiando le mura del Solimano, ci affacciamo sul cardo maximus (la strada romana che divide in due la città), poi passando davanti alla Sinagoga entriamo nel quartiere ebraico.

Ci troviamo davanti alla grande Sinagoga. Al centro la Menorah, il candelabro a sette bracci come sono sette i fori del nostro volto, mentre per altri simbolegga i giorni della settimana con il Sabato al centro in quanto è il giorno dedicato al riposo e alla lettura dei passi della Torah per il ricordo redenzione del popolo eletto dalla schiavitù in Egitto. Quello a 9 bracci chiamato Hanukkiah è il simbolo liturgico che si usa nel periodo della feste delle Luci, intorno a dicembre,  che commemora la consacrazione di un nuovo altare nel Tempio di Gerusalemme dopo la libertà conquistata dagli elleni nel II Secolo a.C.

Lasciando a sinistra il quartiere arabo pieno zeppo di case, ci troviamo sotto la spianata del Tempio, davanti a noi il Kotel, il Muro occidentale, detto anche Muro del Pianto, il Muro che arriva in profondità, sotto il lastricato odierno, tanto che alcuni pensano di poter costruire un tempio sotterraneo. Infatti l’idea di ricostruire il Tempio è ancora viva tra gli ebrei. Ovunque troviamo banchetti dove si raccolgono offerte per questo scopo.

Qui è stato Gesù, ha cacciato i mercanti, ha insegnato già da bambino, al tempio si riferisce quando parla della sua resurrezione.

Il Tempio di Salomone con accanto il palazzo reale, a significare che potere politico e religioso erano incentrati in una sola persona, fu distrutto dai Babilonesi e ricostruito più piccolo da Neemia dopo la cattività babilonese. Erode lo distrusse e lo ricostruisce più grande. Sarà distrutto nel 70 d.C. dall’esercito di Tito. All’esterno c’erano i venditori di animali per i sacrifici e i cambiavalute perché nel Tempio non potevano essere offerte monete con stampigliata la testa dell’imperatore.

Ci viene dato un po’ di tempo per accostarci al Muro, da una parte gli uomini e dall’altra le donne. Dalla parte degli uomini la festa di iniziazione di un ragazzo che ha compiuto  tredici anni e deve impegnarsi a tutti gli effetti all’osservanza delle norme. Questa tappa segna il passaggio a una vita religiosa responsabile.

La basilica dell'Ascensione

Intorno vediamo resti della chiesa bizantina. Ci troviamo sul monte degli Ulivi. Come per gli altri luoghi, Elena fa costruire qui una Chiesa ottagonale le cui basi ancora sono presenti. Questa chiesa fu usata come modello per la Moschea di Omar. A terra la pietra da cui Gesù salì in cielo.

La grotta del Padre nostro

Qui Gesù è stato a lungo, qui ha dormito, è stato con i discepoli, ha fatto discorsi escatologici… pensiamo alla parabola delle dieci vergini… qui ha insegnato a pregare rivolgendosi a Dio come Padre, ha parlato dell’insistenza della preghiera… usando la parabola dell’amico che vuole tre pani…..

La basilica del S. Sepolcro

Nella cappella del sepolcro entriamo in silenzio, solo un momento… oltretutto possiamo accedere solo nel primo ambiente, quello dove la tradizione dice che apparve l’angelo, mentre la tomba è chiusa.

Siamo tutti, ci ritroviamo davanti alla pietra della deposizione e poi continuiamo, sempre tra la folla, a salire la scala che ci porta a quello che era il Golgota. Baciamo il punto dove venne piantata la croce di Gesù!

Apprendiamo che dove oggi c’è la basilica c’era una grande cava di pietra e un giardino con delle tombe. Nel 135 dopo la rivolta giudaica, Adriano fece costruire qui un tempio a Venere. Nel 325 Elena con il vescovo Macario fanno distruggere il tempio e costruiscono una chiesa, poi distrutta dai persiani. Dopo il 600 il califfo Omar fa costruire accanto una moschea. La chiesa sarà poi distrutta da un altro califfo, Al Hakim e ricostruita dai crociati. Esiste una complicata organizzazione intorno alla gestione di questa chiesa: ortodossi, armeni, cattolici se ne dividono spazi e compiti. Il guardiano, portiere è un musulmano, compito che trasmettono di padre in figlio che aprono e chiudono.

Scendiamo in una cappella sotterranea, ricavata dalla cisterna dove venivano gettati i pezzi di legno e gli strumenti usati per le crocifissioni. La tradizione dice che qui S. Elena ha ritrovato i pezzi della croce di Gesù, riconosciuti perché hanno operato subito un miracolo su un paralitico. Queste reliquie si trovano a Roma, in S. Croce.

Cantiamo “Il Signore è la luce che vince la notte!

Il Getsemani

La via Crucis nella città vecchia

Bethlemme

La grotta dei pastori

La Basilica della Natività

Davanti alla basilica della Natività, un po’ di storia. L’imperatore Adriano distrugge la chiesa precedente e costruisce un tempio al dio Adone con un mitreo che rimandava ad iniziazioni misteriche. Tutto sommato il fatto che nei siti distrutti i romani costruissero altri templi ci ha permesso di individuare più facilmente i luoghi santi. Questa basilica è stata allargata da Giustiniano, dopo il ritrovamento da parte di Elena. Per proteggerla sono stati costruiti intorno dei conventi, ortodossi e armeni.  Anche i persiani vennero qui… pare che il loro re Cosroe abbia desistito dal distruggerla dopo aver ammirato gli affreschi in cui erano effigiati i re magi. Sono i crociati che costruiscono la facciata con l’arco ogivale. Entriamo per un piccolissimo ingresso: dobbiamo abbassarci.

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